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L’incrocio da carne: un’opportunità per l’allevamento da latte

L’impiego del seme da carne sulle razze da latte è una pratica che sta raccogliendo sempre più consensi tra gli allevatori italiani, ma non solo.

L’incrocio da carne: un’opportunità per l’allevamento da latte
Dott. Alfredo Morales

Dott. Alfredo Morales

Agronomo Zootecnico
Articolo a cura del Dott. Alfredo Morales, Agronomo Zootecnico, Specialista in allevamenti di bovini da latte e da carne, Consulente Tecnico Commerciale per Ferrero Mangimi.


L’utilizzo dell’incrocio da carne, infatti, continua a crescere di popolarità anche negli allevamenti da latte statunitensi, sinonimo di un’importante sinergia che si sta delineando a livello mondiale tra settore latte e settore carne.

Incrocio da carne: i motivi della diffusione

Questa tendenza è alimentata da diversi fattori, primo fra tutti il basso valore commerciale del vitello di razza frisona, che impone delle strategie aziendali per limitarne la produzione. Non solo per una questione legata alla bassa remunerazione che ottiene il vitello ma anche, soprattutto, per l’oggettiva difficoltà di ritiro da parte del mercato.

Altri aspetti sono legati alle strategie di miglioramento genetico sempre più mirate delle mandrie da latte, che negli ultimi anni hanno visto crescere l’utilizzo del seme sessato e conseguentemente a questo, un aumento del numero di manze allevate.
In alcuni casi questo ha generato nelle aziende delle sproporzioni tra numero di capi in produzione e numero di animali “improduttivi” in accrescimento.

Ad appesantire questa condizione vi è senza dubbio l’elevato costo di allevamento delle manze, ma anche valori di mercato delle vacche da scarto relativamente bassi e valori di mercato delle manze da vita che alle volte non compensano neppure il costo di produzione delle stesse.

Tutto ciò si traduce in un costo di sostituzione particolarmente incidente sui ricavi dell’azienda e che è necessario valutare attentamente caso per caso.

Una scelta gestionale ponderata

In questo scenario, senza dubbio, l’incrocio da carne applicato ad una percentuale di vacche in produzione, rappresenta un’opportunità vantaggiosa:


  • sia per gli allevatori di vacche da latte, che ne ricaverebbero un reddito integrativo non trascurabile;

  • sia per i produttori di carne, svezzatori e ingrassatori, che potrebbero in questo modo attingere ad un numero significativo di vitelli da ristallo nazionali, riducendo la necessità di ricorrere all’acquisto di ristalli dall’estero.


Per un allevamento da latte, il cui obiettivo principale rimane quello di produrre il maggior quantitativo di latte di qualità elevata in maniera efficiente e sostenibile, la scelta dell’utilizzo dell’incrocio da carne è una possibilità da programmare con attenzione, prendendo in esame diversi punti della gestione dell’allevamento.

La natura stessa del tipo di scelta, infatti, impone un’attenta riflessione, avendo questa un impatto a medio – lungo termine che influenzerà il futuro del nostro allevamento almeno per i prossimi 2 – 3 anni.

Storicamente, la scelta dell’uso del seme da carne nelle stalle da latte è stata dettata da motivazioni legate a problemi di fertilità di soggetti specifici, destinando a queste fecondazioni quelle bovine che non rimanevano gravide ai primi interventi fecondativi e scegliendo generalmente come terza o quarta opzione fecondativa il seme da carne.
Senza, quindi, una pianificazione ben precisa: lasciando sostanzialmente al caso il numero di incroci prodotti annualmente,  il numero di manze da allevare, e quali soggetti destinare a ricevere questo tipo fecondazione.

Le attuali condizioni sopra descritte, in cui gli allevatori si trovano oggi ad operare, non consentono più di lasciare al caso alcun tipo di scelta gestionale, tanto meno quelle che riguardano la produzione della propria rimonta in termini di numerosità di capi e le scelte genetiche.


Alcuni allevatori stanno già operando una forte spinta selettiva, con ampio uso di seme sessato per le fecondazioni delle manze, e di seme da carne, destinato generalmente alle vacche adulte.




Una buona scelta strategica questa, ma da impiegare con cautela e soprattutto da calibrare bene nei numeri. É importante, infatti, evitare il rischio di trovarsi sprovvisti di manze da rimonta, perché questo porterebbe a:

  • dover diminuire il turnover delle vacche in produzione, mantenendo nella mandria vacche più anziane che, per qualche motivo avrebbero dovuto essere riformate

  • o peggio ancora trovarsi nella condizione di ridurre la numerosità delle vacche in mungitura.


In entrambi i casi, è fondamentale pianificare attentamente la propria rimonta ed il turnover delle vacche in produzione, lasciandosi degli spazi di manovra prudenziali per far fronte ad eventuali imprevisti gestionali che non ci impongano nel medio-lungo termine una riduzione delle bovine in produzione.

Pianificazione dell’incrocio da carne: i punti chiave

Per poter mettere in atto una corretta strategia di allevamento che includa l’utilizzo del seme da carne, traendone un reddito integrativo, occorre fare delle considerazioni importanti sulla situazione attuale del proprio allevamento e sugli obiettivi futuri, valutando anche alcuni aspetti della gestione tecnica.

Passiamo in rassegna insieme quelle che sono le 3 domande fondamentali a cui occorre necessariamente rispondere per impostare questa strategia in maniera efficace.

1 – Quante manze ho bisogno di allevare per garantire la quota di rimonta necessaria al mio allevamento?

Questo è il primo ed importante quesito da porsi. Non possiamo lasciare al caso la scelta del numero di manze da allevare per due sostanziali motivi:


  • l’alto costo di produzione delle manze non ci consente più di allevare tutte le femmine che nascono nel nostro allevamento per poi deciderne cosa fare,

  • dobbiamo avere il numero corretto di manze da inserire in produzione nel momento giusto, senza rischiare di diminuire i capi in mungitura.


Per rispondere quindi alla domanda “quante manze ho bisogno di allevare per poter garantire la quota di rimonta necessaria al mio allevamento” è necessario quantificare alcuni aspetti fondamentali:

  1. Il numero di capi adulti, vacche in lattazione e vacche in asciutta, attualmente presenti in allevamento e la sua evoluzione nel futuro. Ovvero è importante monitorare se tale numerosità è a regime o se dovrò aumentare o diminuire per qualche motivazione i capi in produzione.

  2. Il numero delle manze e vitelle presenti in stalla divise per le diverse categorie e capire quante di queste entreranno in lattazione nell’arco dei prossimi 12 mesi e 24 mesi.

  3. Il numero di vacche che hanno lasciato l’allevamento nell’ultimo anno e quante invece sono morte in azienda.

Sulla base di questi numeri calcoleremo la quota di rimonta necessaria in percentuale sui capi adulti presenti.

Un altro importante aspetto da analizzare attentamente è dettato dal fatto che non tutte le vitelle che nascono, necessariamente arriveranno al parto entro i 24 mesi.
Occorre quindi prendere in esame i dati espressi in % della mortalità dei vitelli entro i 60 giorni di età. Quanti vitelli sono morti negli ultimi 12 mesi sul totale dei parti?

Inoltre ci saranno delle manze che potrebbero avere degli aborti o dovranno ricevere più di una fecondazione prima di accertarne una gravidanza. Diventa quindi di fondamentale importanza conoscere con precisione l’età media reale delle manze al primo parto e l’intervallo interparto delle vacche adulte, per poter impostare un calcolo corretto.

Infine bisogna considerare anche il fatto che ci sarà un numero variabile di manze che non arriverà mai al primo parto ma uscirà dall’allevamento prima di questo evento o nelle primissime fasi della lattazione.


Sulla base di questi pochi, ma fondamentali dati, riusciamo a calcolare con ragionevole precisione il numero di manze che è necessario produrre per soddisfare la quota di rimonta senza inficiare il numero di animali mediamente presenti in lattazione.




Per differenza quindi, si potrà decidere di destinare tutta la restante parte di bovine alle fecondazioni con seme da carne per avere un incrocio sicuramente più valorizzato dal mercato.

2 – Quali vacche del mio allevamento destinerò alla fecondazione con seme da carne?

Il secondo aspetto importante da pianificare, e assolutamente da non lasciare al caso, riguarda più strettamente le scelte genetiche, perché da queste dipenderà il potenziale produttivo che potrai raggiungere nel prossimo futuro.

Ci sono ad oggi diversi metodi per decidere quali saranno le madri da cui generare la rimonta e quali saranno invece destinate a produrre i vitelli incrocio da carne.

Oggi, i risultati dei test genomici possono essere di grande aiuto per conoscere il potenziale genetico la nostra mandria e capire quali animali destinare ai differenti tipi di fecondazione.

Tuttavia, esistono delle alternative ai test genomici che, seppur meno accurate, ci consentono di determinare quali animali dovrebbero essere destinati alla produzione di rimonta e quali alle fecondazioni con il seme da carne.
Uno degli approcci più semplici per segmentare la mandria è l’ordinamento per numero di lattazione. In questo caso saranno le vacche di seconda o terza lattazione che designeremo ad essere fecondate con seme da carne, questo semplicemente a causa della loro genetica più datata.
Il resto della mandria, ovvero le vacche primipare in mungitura e le manze da fecondare, in considerazione dei loro livelli genetici più recenti, saranno destinate alle fecondazioni con seme da latte. Potremmo poi decidere come distribuire le fecondazioni di queste tra seme sessato e seme convenzionale.

Oltre a questo, è di fondamentale importanza operare queste scelte insieme al proprio consulente genetico di fiducia, con cui classificare le vacche della propria mandria e destinare quelle di più alto rango per la produzione della futura rimonta in base ad un piano di accoppiamento genetico ben definito e la restante parte all’incrocio da carne.

3 – Quale toro da carne dovrei usare?

Per rispondere a questa domanda occorre considerare essenzialmente due aspetti: il primo di natura commerciale, il secondo di natura più gestionale.

A tale riguardo la prima domanda da porsi è: che tipo di vitello richiede attualmente il mercato nel quale vorrei confluire la mia produzione di incroci? E qual è il mercato per me più remunerativo nell’arco dell’anno, in considerazione del fatto che il mercato dei vitelli ha generalmente delle oscillazioni di carattere stagionale e delle differenti quotazioni in base al sesso del vitello?

A seconda infatti delle differenti zone nelle quali ci troviamo ad operare, o delle diverse destinazioni a cui vogliamo indirizzare i nostri vitelli, ci possono essere delle richieste in termini di razze incrocianti ben precise che occorre prendere in considerazione.

Aspetto commerciale

Tuttavia oggi le opzioni delle razze incrocianti da prendere in considerazione sono riconducibili essenzialmente a tre: Blue Belga, Limousine e Aberdeen Angus.
Tre razze con caratteristiche e peculiarità commerciali ben definite che possono determinare un differente riconoscimento economico a seconda della destinazione del prodotto (fattore da prendere in considerazione quando decidiamo di inserire l’incrocio da carne nel piano fecondativo del nostro allevamento).

Riguardo la scelta del toro, generalmente il primo criterio che ne determina l’acquisto è quello del minor costo. Criterio questo che in taluni casi può risultare controproducente perché in commercio ci sono un gran numero di tori delle differenti razze, selezionati e provati anche per questo tipo di incrocio.
Generalmente questo tori provati hanno un costo leggermente più elevato rispetto alle fiale di tori non testati sull’incrocio da latte, ma portano risultati migliori.

Aspetto gestionale

L’altro principale criterio di scelta che viene preso in considerazione da parte dell’allevatore è la facilità al parto.
Uno dei principali parametri che viene testato per i tori idonei all’incrocio sulle razze da latte è proprio il carattere della facilità al parto che, unitamente al dato della lunghezza della gravidanza, fa propendere per la scelta del toro.
Per questo tipo di incrocio infatti sono raccomandati quei tori che presentano il carattere parto facile e gravidanza più corta, proprio per evitare di incorrere in inconvenienti legati alla facilità nell’espletamento del parto.

Ancora poco considerato è invece l’aspetto legato ai caratteri più prettamente da carne, quali omogeneità dei vitelli, accrescimenti e caratteristiche qualitative della carcassa al macello. Questo aspetto sicuramente richiederebbe maggiore attenzione e andrebbe senza dubbio approfondito.
Da questo punto di vista, la scelta del toro incrociante potrebbe essere alla base della stretta sinergica tra mondo del latte e mondo della carne che potrebbero trovare proprio nella produzione di questo tipo di incrocio un forte elemento di collaborazione con vantaggi reciproci.

Conclusioni

Quanto appena descritto, rappresenta solo un piccolo spunto di riflessione su un argomento più ampio quale l’efficientamento della rimonta ed il suo costo, e ancora più in generale la ricerca di margini economici che si possono ricavare da alcune aree dell’allevamento.

Il concetto base è infine quello di non lasciare più nulla al caso, perché ogni aspetto, se ben ponderato, può rappresentare un’opportunità per la sostenibilità economica della nostra azienda. Tutti questi aspetti vanno approfonditi e analizzati caso per caso: non esiste una ricetta univoca per tutte le situazioni.

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