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Cosa ci racconta il colore dell'uovo? Tra genetica, mangime e mercato
Il colore delle uova non è solo una questione estetica. Per allevatori, consumatori e professionisti del settore, la pigmentazione del guscio e del tuorlo rappresenta un vero e proprio indicatore di qualità percepita, di freschezza e anche di corretta gestione degli animali. Ma quali sono i fattori che influenzano il colore dell’uovo? L’alimentazione delle galline può fare la differenza?

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Genetica delle uova
Vi sarà sicuramente capitato di soffermarvi a osservare il guscio delle uova. Lo spessore, la presenza di rugosità e il suo grado di pulizia possono aiutarci a comprendere se le galline sono in forma e ben gestite. L’unico elemento non modificabile, se non in fase preliminare, è il colore del guscio determinato esclusivamente dalla componente genetica. Galline con livrea bianca depongono uova con guscio bianco, mentre galline con livrea pigmentata depongono uova con gusci di varie tonalità, dal marrone fino all’azzurro, in base alla razza.

È bene ricordare che la colorazione del guscio non influisce sul valore nutrizionale del prodotto, che rimane invariato, ma solo sul grado di apprezzamento del prodotto da parte del consumatore. In Italia, vengono preferite le uova marroni, mentre quelle bianche vengono utilizzate principalmente dall’industria alimentare. Al contrario, i consumatori di Nord Europa e Stati Uniti preferiscono le uova a guscio bianco.
Il ruolo dell’alimentazione
L’alimentazione determina la densità dell’albume, vero indice di freschezza delle uova, e l’intensità del colore del tuorlo. La tonalità di quest’ultimo è influenzata dal contenuto di carotenoidi nella dieta delle galline. Questi pigmenti sono naturalmente presenti in alcuni ingredienti come il mais, ma in quantità modeste e variabili per soddisfare le esigenze del cliente.
Per ottenere una maggiore pigmentazione del tuorlo in modo stabile e uniforme, i mangimi possono essere integrati con appositi additivi, rigidamente normati dalla legislazione europea. In passato era molto diffuso l’impiego pigmenti di origine sintetica, a base di cantaxantina (rosso) e acido apo-carotenoico (giallo), che garantivano un’elevata e caratteristica intensità di colore. Oggi il loro impiego è stato fortemente ridotto dall’attuale legislazione, mentre l’industria si è attrezzata per utilizzare pigmenti di origine naturale ottenuti da essenze ricche di questi composti. Dalla pianta del peperoncino si ottiene un estratto ricco di capsantina che permette di conferire alle uova una gradazione rossa, mentre dal fiore del tagete si ottiene un estratto ricco in luteina che conferisce un colore giallo.
La gradazione del tuorlo deve essere modulata secondo le preferenze del consumatore finale e una corretta formulazione dei mangimi vi permetterà di rispondere alle aspettative del mercato. Uova destinate alla produzione di maionese, ad esempio, dovranno essere scarsamente colorate. Al contrario, per la pasta all’uovo o l’industria dolciaria dovremo fornire uova dai colori più intensi per conferire il caratteristico colore al prodotto finale.

Per valutare se il tuorlo ha raggiunto la corretta intensità possiamo avvalerci di una scala colorimetrica molto semplice. La scala di La Roche, infatti, permette il confronto visivo del campione con 15 colori ad intensità crescente, dal giallo pallido all’arancio intenso.

Conclusione
La pigmentazione dell’uovo, pur non influenzando direttamente il suo valore nutrizionale, ha un impatto rilevante sulla percezione del consumatore e sul posizionamento del prodotto sul mercato. Per questo, chi opera nel settore deve considerare il colore come un parametro da gestire in modo strategico.
Una gallina in salute, alimentata con ingredienti di qualità e allevata in condizioni adeguate, è la premessa per ottenere uova non solo buone, ma anche esteticamente apprezzabili. In un mercato sempre più orientato alla trasparenza e alla differenziazione, anche il colore può fare la differenza.